martedì 18 maggio 2021

Per Battiato

Non piango il personaggio,
il protagonista dello spettacolo,
l'artefice delle scene
e delle piazze,
io piango l'uomo 
di un palcoscenico
senza applausi, 
quando la scena se ne va
e resta solo l'uomo,
piango per i teatri e le luci
che conosceranno altre voci
altre note, altri passi,
piango per un'età svanita
nell'attimo di una canzone
che ci ha creduto immortali
illusi e ingenui
al dolore, alla fine, alla poesia
all'amore. 
Piango per l'artista e il suo pubblico,
per l'uomo e la sua solitudine,
per la verità della vita
quando ti lascia uomo, ancora,
dietro il sipario spesso
di un universo senza voci
quando resta la musica,
il dono del poeta al mondo.

sabato 27 febbraio 2021

PER TE

Se potessero arrivare fino a te, vorrei che queste mie parole ti dicessero grazie, ti dicessero quanto sei stata importante per me, ti dicessero la pena che provo, il dolore che sento, che mi mancherai, che ti ho voluto bene. Se potessi dirti il senso di un giorno, di un risveglio vuoto, diverso. Insegnamelo tu, io sono troppo inesperta, troppo ignara del mondo, se solo quello che può significare un incontro nella vita di qualcuno, quello che una vita è, è stata, quello che una vita può significare per qualcun'altro. Avrei potuto dirti tante cose. Perchè perdiamo tutto questo tempo? Avrei potuto chiamarti, parlarti di un libro che ho scritto, parlarti di un libro che sto leggendo, confrontarmi con te, leggerti tra le righe di un libro che devo ancora iniziare, e che ho qui tra le mani, muto testimone di un qualcosa che ci teneva legate. La vita è strana, è imprevedibile, troppo grande e troppo immensa, la vita che ci unisce e ci separa, ci dà l'illusione di capire, di conoscerci, di capirci, e poi invece no, non basta. Non so dire le parole giuste, forse non ci sono parole, è il tempo del pianto, della riflessione, della gioia dell' averti conosciuta, in questo tempo che non so afferrare. che ci dice le cose importanti ma mai abbastanza, inseriti come siamo nella nostra piccola quotidianità, mi basterebbe una poesia, o forse no, un soffio di vento per dirti che ti voglio bene.

martedì 5 gennaio 2021

VOGLIA

Voglia. Voglia di questo cielo, di notte, voglia di questa pioggia, di questo tepore, di questo silenzio, di questo rumore, di questo tempo che scorre, di questo tempo che avanza, dilegua, passa, fluisce, pulisce, narra, invecchia, racconta. Pioggia. Voglia di questa pioggia, pianto d'estate, un giorno d'aprile, un raggio di sole, che dolce dormire. Voglia di questo sole che imbruna, scolora, trasfigura, scompare, voglia di tramonti, quando ci sono occhi negli occhi di rossi soli che sanno scaldare. Voglia di uno sguardo nuovo, diverso, immenso, gentile, uno sguardo per dirti sei tutto il mio mondo, ed in un abbraccio poter scomparire. Voglia di queste parole sconnesse, di queste canzoni stonate, di queste filastrocche sussurrate, di queste poesie inventate. Voglia di essere pioggia per fiorire tra l'asfalto di una tristezza, per cancellarti il brutto tempo nella verità di una carezza, per piovere dove gli arcobaleni sono le mani dei bambini, per lasciare le impronte dei nascondini. Voglia di essere pioggia in questo tempo che scorre, che piove, che passa, per essere la scia di una felicità antica, per pioverti addosso, come un soffio di vita. 

Buon 2021

Al buio di un giorno 
che finisce, 
i fiori lí nel vaso
piegano la testa: 

riflettono, pensano, 
rimuginano, forse
piangono di lacrime
il mio pianto, 
appassiscono nel 
dolore della fine,
nei vuoti del silenzio
come per qualche 
muta assenza, o verità

-nel non detto, ormai 
lontano 
restano, secchi-

sono andati via 
i passi di ieri, le abitudini,
i bicchieri e i tovaglioli, 
i vecchi posti a tavola, 
le voci per strada, le finestre
degli anziani,
 le liste della spesa

- un' ombra ed è sera,
nella strada buia di dicembre- 
Deserta.

E così, trasformo
l'amore in una preghiera
lì dove si può dire senza voce
e i fiori tornano di nuova luce 
a fiorire nel tuo nome 
nel giorno che verrà

Buon 2021

domenica 27 dicembre 2020

INVERNO

Quando fa freddo. 
Mi resta dentro tutto questo freddo, ha il peso della fine, il dolore dell'assenza, il tormento della incompletezza, della mancanza. Mi resta addosso questa sensazione di insensatezza, di irrealizzabilità, di inanità, di nullità, di incapacità a vivere, a fare. Quando fa freddo, è un tramonto senza luce, è un'estate senza sole, un inverno dentro l'anima, senza un fuoco, senza un conforto, senza una parola d'amore. Ci sono delle parole che restano dentro. Delle parole che ci hanno cambiato, delle parole che non abbiamo mai dimenticato. Quando muoiono le parole, non resta nulla. 

Tienimi vicino, tienimi stretta, tienimi in un abbraccio, in un'idea, un pensiero, un sogno. Tienimi perchè se mi tieni ci teniamo e il mondo è fuori, tienimi perchè se mi tieni non ho freddo, perchè se mi tieni l'inverno è bello. Tienimi in una fotografia, nella frase di un verso, tienimi nel cuore, anche se il resto ci sta stretto. Tienimi perchè se ci sei anche il mondo poi scompare, e ovunque vivono i sogni, le stelle, vivono perfino le parole più belle. 

mercoledì 11 novembre 2020

Goldrake

Dove vanno a finire
i sogni mancati, 
ci sarà un posto- un angolo, 
una direzione, una strada-
un posto per l'amore 
sprecato, per quello che si era, 
per quello che non è più. 
Ci sarà un cimitero di foglie
morte, in autunno, 
all'ombra di un albero, 
nella nebbiolina velata
all'acre odore di fumo, 
un tappeto di colori
su cui fare capriole
 -un incanto, un attimo-  
o forse no, non c'è posto
per i sogni mancati,
il mare ogni tanto
ce li riporta, 
lasciandoci soli. 


venerdì 6 novembre 2020

SEI TU

        Torna, se puoi tornare. 

Torna con il treno 

delle tre, con un vecchio

libro in mano, con 

gli echi bianchi 

di una poesia, 

in cui chi legge sogna

e chi scrive, racconta.

 

Torna, se puoi. 

Portami la cartella 

della terza elementare, 

la filastrocca dei colori,

i girotondi dei tramonti

quando si giocava 

a nasconderci, 

- chiusi gli occhi 

in una bolla soffiata- 

una bolla del cielo, del mare

torna perché è bello 

tornare, nella canzone

in cui chi canta vive,

chi ascolta è il tuo nome. 

 

Torna nelle mani strette

calde, a sentire, 

a pregare, nel riflesso 

di un vetro, al cielo 

che imbruna, sfuma, 

sfiorisce, svanisce, 

nel giorno che ho dentro

e che dura da allora, 

quel giorno che non finisce,

e che muto capisce. 

 

Torna nei passi diversi,

nei giochi dismessi, 

nei sogni dispersi. 

Nei posti vuoti, finiti,

perduti, dimenticati, 

scottati, seccati, nascosti, 

- nelle rughe del viso

 e del cuore che piange, 

che cerca, resiste, 

torna nel tempo

 in cui chi ti chiama

esiste, chi ascolta sei tu.

sabato 31 ottobre 2020

Lockdown

Si sta lontano,
e si lasciano dietro la porta
i giorni felici, i rumori
delle strade, i passi
verso l'eternità
inconsapevole.
Oltre, continua il rosa dei
cieli, il coraggio delle nuvole, 
in un monologo
che è una clessidra del tempo,
scorre tra le dita, 
come polvere di stelle,
era il volo delle bolle 
di sapone, il viso 
di un amore, il riflesso 
di un pomeriggio
all'imbrunire, - corsa
di grazia e di attesa- 
nell'ora che scioglie il giorno, 
privandoci
delle aspettative, dei sogni.
Si vive soli dietro la porta. 
Dietro la porta 
rifugio, conforto, prigione.
Dietro la porta
è sparita la giovinezza,
è svanita l'estate, è 
sfumata dalla conchiglia
la voce del mare,
si sono perse le rime
dei poeti di passaggio, 
dei venditori di fumo, 
dei passanti di quartiere, 
delle tessitrici delle preghiere
e delle matasse. 
Oltre, è scomparso l'altrove
della nostra incoscienza, 
della nostra attesa, della nostra 
ricerca da rabdomanti
 di carezze 
e aspettative. 
Sono scomparsi i portalettere, 
i mestieranti di giornata, 
i poster appesi sui muri, 
con la vita del posto 
e la pubblicità. 
Mi racconta una lacrima 
un ti voglio bene
non detto, 
un giorno sprecato, 
la reticenza di vivere
e di vedere.
Dietro la porta 
una macchia 
di umidità e un poster 
ormai sbiadito. 






giovedì 29 ottobre 2020

NASCONDINO

Ci si guarda piano, 
indietro, con le mani 
fredde, che pena
il ricordare. 

Restano sbiaditi 
sui muri, nell'intonaco
logoro dei giorni, 
i numeri di una cantilena, 
con gli occhi chiusi,
di spalle, mentre
ci si nascondeva. 

Ci si stacca piano, 
da quel muro, 
nel silenzio di case 
vuote, strade dimenticate, 
e pezzi di cielo
tra i tetti. 

Mi stacco piano,
cercando, contando
uno, due, tre,  
-quanti passi devo fare
per arrivare - 
cercando, chiamando

il freddo delle mani
rimane sull'intonaco
nella polvere delle strade, 
è un'ombra della sera
e subito scompare.

 

domenica 18 ottobre 2020

LE STELLE SI INCONTRANO

Amore, amore, è un amore che non si dimentica, che si legge tra le pagine di un libro, sottolineato a matita, scritto ai margini, al centro, in fondo alla pagina, tra un fiore dimenticato, tra uno colto e l'altro donato. Amore, amore, che sia un ti amo scritto sul finestrino di un vetro. In autobus, in treno, in una falsa partenza, in una partenza in ritardo, in una stazione, per strada, con un biglietto ancora da vidimare tra le mani, con quel timbro da cercare, non è una promessa, non è un'attesa, nè una speranza, ma una verità, un tatuaggio sul cuore, sulla pelle, e timbrare e come un po' volare. 

Amore, amore, che sia un ti amo lasciato su un muro di città. Un ti amo intonato al rosso di un semaforo, nella sacca di un venditore di rose solitario, nella malinconia di un barbone di quartiere, nella luce di un'insegna di un bar che la notte non chiude, nella sera fredda e solitaria, per le strade deserte, per le vette innevate, per le spiagge lontane, per gli approdi, i voli, i sogni, ci sarà un ti amo a scaldare i contorni. Amore, amore, è un libro di antico francese. È un sonetto, un pianto, un canto, un incanto, un vecchio disco, un vecchio film, una vecchia canzone, in bianco e nero, a matita, a colori, che sia un ti amo a dare voce al sentimento dei cuori. 

Amore, amore, di fronte alla vita e al tempo, che consuma quello che passa, che dona quello che resta. 
È un dolore che fa bello l'umano, che fa vero il relativo, l'apparente, l'instabile, l'imperfetto. Che rende il tempo perfetto, lo moltiplica, lo dilata, lo spegne, in un tramonto, in un ritorno, svanisce in un abbraccio, in un bacio è qualcosa di eterno, ed è un momento, ed è per sempre. Amore, amore, è un amore da cioccolatino, un amore da sbirciare, è un biglietto per farsi baciare. 

Un ti amo detto al cielo, al tempo, alla sorte, ad un vocabolario, ad uno specchio, ad un cellulare, ad una nuova ruga, lacrima, che sa di sale. Un amore detto ad una conchiglia per sentire la voce del mare, detto ad una galassia, ad una foglia, ad una costellazione per farla danzare, un ti amo timido ed immenso, mentre le stelle s'incontrano e girano intorno ai ti amo del mondo. 




sabato 3 ottobre 2020

PREGHIERA DELLA SERA

Preghiera della sera 

Per chi soffre, 
per chi è solo,
per chi è lontano, 
per chi ha compiuto 
un gesto gentile, 
per chi ha lasciato un segno, 
per chi ha dato valore 
ad un'esperienza, a un ricordo, 
una parola, per chi sa 
che la serenità 
deriva dalla purezza del cuore, 
per chi sa che il dolore 
può far diventare migliori, 
per chi magari ha perso 
qualcosa, ma nell'affetto 
ha trovato un vero 
grande miracolo. 
Per il cuore, che
conserva tutto.

venerdì 25 settembre 2020

Autunno (dentro)

C'è la parte che sento, e c'è quella che non conosco. 
È una strana malinconia, le strade silenziose, il giorno che si accorcia, l'orizzonte che si fa più vicino, il vento fresco, l'odore di fumo di camino, da lontano. I passi di un anziano arrancano un'attesa che si consuma lenta, di aspettative lontane. Questo è il tempo per ricordare, per meditare, per pensare. Pensare al senso di un nuovo inizio, ai giorni lasciati indietro, al dolore per quello che non è più. Nel cielo le nuvole scrivono lettere che forse non comprendiamo. Si è liberi quando si guarda il cielo d'autunno, quando il tepore dei lampioni è una luce fioca che conduce a casa. Le mani fredde fanno rima con il cuore. Spazzata dal vento, una foglia secca mi ricorda che quello che oggi muore, rinascerà.

mercoledì 23 settembre 2020

Settembre (ancora)

La ricerca delle prime foglie gialle, il mare di un blu intenso, la spiaggia che non vorrebbe mai lasciare il suo calore. La spiaggia dimessa, abbandonata, la sabbia che conserva l'eco di un altrove, la sabbia che porto con me, e che resta nella cucitura di una borsa, in macchina, come segno di un'estate già trascorsa, svanita nel sapore di un giorno d'autunno, di malinconia. Settembre con le sue foglie gialle, con i suoi fiori gialli. L'eco di un altrove mi chiama e mi spaventa. Mi affeziono al ricordo di un abbraccio, di un silenzio portato dal vento, di un calore che sa di giorni giovani, mentre cerco la voce del mare in una conchiglia, e una lacrima racconta quello che non so descrivere.   

sabato 19 settembre 2020

RITORNI

Ho bisogno di scrivere, ho bisogno di intimità, di spazi privati, di spazi accoglienti, gentili, riservati, non mi piacciono le grandi piazze, le chiacchiere, i rumori, i confusi suoni, gli eloqui, gli astanti insicuri, incerti, caotici, beffardi, senza nome, senza rispetto, senza un margine di errore, senza dire non sono perfetto. 

Sono fatta per il mare di settembre, il mare d'autunno, i posti di mare in autunno, i posti del sogno, della malinconia, un po' soleggiati, un po' ventosi, un po' silenziosi, i posti che hai dentro e che restano tali, che parlano e sanno bastare, che bastano e tuttavia ti sanno mancare. Sono per le altalene un po' vuote e un po' abbandonate, il dondolio che culla un pensiero, il ricordo di un giorno d'estate. 

Non mi piacciono i gesti rituali, i gesti sprecati, i sogni perduti, gli sguardi sfocati, il tempo che è andato e che sembra un po' un amaro, dove è andato a finire quel giorno, quel sorriso più pieno, leggero, ignaro. Abbiamo lavato via i passi di ieri, le carezze, le strette di mano, l'abbronzatura che nella doccia è un flusso gelato, finisce nelle bolle di sapone l'estate, e poi gli anni, le notti, il lungomare, i tramonti. E così sono fatta per i libri dimessi, i passi non letti, le parole di ieri, quelle per sempre. 

Sono per i borghi assolati, gli angoli stretti, i sorrisi degli anziani, i giochi dimenticati. Sono per i fiori spontanei, i muri scrostati, le chiese di campagna, i casolari abbandonati. Sono per un gatto che sonnecchia in cortile, per il girotondo dei bambini,dei nomi, dei ricordi, dei suoni, per gli angoli delle foto e delle cartoline, dei posti che erano e che non hanno attenzione. Sono per la metro che arriva sempre troppo presto, per i vagoni che porta con sè, per le vite che scorrono e che vanno confuse, abitudinarie, pensose, per il posto finestrino, per le fermate sconosciute delle linee colorate sulla pianta della città. 

Sono per le vite che non ho vissuto e che non ho capito, per gli affetti che sono svaniti e che pure lasciano un vuoto, per l'amore che non so descrivere in questa vita da scrivere, per l'amore che pure è l'unica cosa che conta, l'unica cosa che resta.

mercoledì 26 agosto 2020

Siamo d'amore

Le ultime volte, non le sai mai, non ti danno un preavviso, un nome, un richiamo, una voce cui aggrapparti, semplicemente se ne vanno, vanno via, finiscono. Si accorciano le giornate, in questa fine d'estate che tra un po' è autunno e neanche me ne sono accorta, dove sono andati questi giorni, come sono trascorsi questi giorni lontano dal mare, lontano dal sole, dalle pause lunghe a perdita di tempo, a perdita d'occhio, perchè il mare è infinito, perchè il mare è una lunga distesa di cielo e di blu, è fatto di pensieri, sguardi, profondi, immensi, perchè il mare è come l'anima, è uno specchio, e a guardarlo si vede quello che si ama, che si è, che si è amato, che si è stato. E così portiamo dentro pezzi di cielo e di mare, e parole non dette, non scritte, vuoti, e a guardarsi si vede che siamo fatti d'amore.

lunedì 17 agosto 2020

QUELLO CHE RESTA

Ogni giorno perdo qualcosa, qualcosa cambia, ogni giorno qualcosa passa, svanisce, finisce. E si svuotano le lavatrici, termina il rumore delle colazioni, scorrono via i passi più leggeri, le ombre che si allungano sulla spiaggia, le impronte che lasciano un segno, lì dove il mare è tempo che passa, e subito scompare. Ogni giorno lavo via l'inchiostro della penna a sfera che comprai bambina: sulle mani sporche di sogni e ricordi, sbiadiscono le macchie sui quadernoni a righe, sulle regole di matematica, sulle formule da imparare a memoria, e poi, a poco a poco, sbiadiscono pure quelle, come la foto di una polaroid, il raggio di un sole già svanito. Quale sole avevamo quel giorno, quanti giorni giovani, quanti soli inconsapevoli, spensierati. Veloci, forse. E sbiadiscono le pieghe dei calendari, i segni vicino alla porta per vedere se si è diventati alti un po' di più, le torte di compleanno, e i bagni al mare interminabili, che ti dovevano chiamare da fuori, per uscire, e non lo si sapeva, ma era bello.
Dove sarà finito quel mare, quella spiaggia. È sbiadito quell'orizzonte nell'istante di un volo?
 L'amore no, invece non sbiadisce. L'amore non passa, si moltiplica, ingigantisce, è inversamente proporzionale al tempo, è un numero che non conosce cifre, è un poema in versi, in rima baciata, alternata, in rima di baci, di voli, di suoni, in qualsiasi istante, vicino, lontano, adesso e per sempre, in qualsiasi istante è un avverbio di modo, di tempo, di luogo, in qualsiasi instante è un amare un po' di più. Non è una regola matematica, non si mette tra parentesi, al massimo si moltiplica all'infinito, e il risultato non è la somma, non è la divisione, ma il resto di un'addizione che vince il tempo e i passi sbiaditi, che vince il tempo e la sorte. L'amore è il resto. L'amore è tutto quello che resta, quando il resto svanisce. 

mercoledì 5 agosto 2020

LETTERA AL VENTO

Cos'è questa malinconia che sento in un film in bianco e nero, nelle case abbandonate, nei vicoli dismessi dove sbiadiscono vecchi manifesti, e i fiori alle finestre sono timidi, e si consumano al vento le finestre. 

Cos'è questa malinconia che mi spinge a stringere la sabbia nelle tasche, il tepore della spiaggia sul finire del giorno, un mare che si svuota e torna il silenzio, ecco un pescatore, solo e lontano, nel suo sapore di tramonto e di sale. 

Cos'è questa malinconia che sento nascosta in un libro su una bancarella di antiquariato, in un treno alla stazione, nei passi indietro della memoria, del tempo, dei ricordi, dei giorni, dei libri preziosi, dei poeti, dei sogni. 

La malinconia della tv quando danno vecchie pubblicità, quando guardo vecchie foto, gli sguardi che non si sapeva quello che era, gli sguardi ingenui, felici, insicuri, ignari, gli sguardi pieni, coraggiosi, giovani, gli sguardi quando c'era tutto e non si sapeva. 

Cos'è questa cosa che senti e che sento, che ci fa guardare davvero, che ci fa capire, vedere, riconoscere, apprezzare, perdonare, mettere via, ritrovare. 

Questa cosa che fa sentire vuoto e presenza, assenza e certezza, conforto e tristezza. È un dato immutato, un segno mai spezzato, una lettera al vento, una lettera muta d'amore.  Come scrive Carter: "Vorrebbe dire qualcosa, ma non ci riesce. È lontano milioni di miglia. Siamo entrambi lontani da qui eppure c’è qualcuno che piange. Già allora cominciavo a capire com’è possibile stare in un posto. Ma anche in un altro".

AGOSTO (ESTATE)

I messaggi in bottiglia, sul fondo del mare, i tuffi per trovare un segno, il testo perduto, la perla nella conchiglia, la perla del mare e delle sue promesse.
La perla che viene da lontano, protetta dal guscio, dal mare di Mompracen, il mare dei tropici, delle isole e dei coralli, il mare dei poeti e dei marinai, il mare della luna nelle notti d'estate, lontano da tutto, dalle stelle, che fanno capolino in un riflesso di luce, dalle stelle che illuminano un viaggio, lontano. 

Ondeggiano al vento gli ombrelloni nella danza dei colori e dei giorni, e sono come i gabbiani sugli scogli, si contendono il loro stesso volo, e finiscono nelle mani di un bambino, che stringono bolle di sapone, e aquiloni. Sul bagnasciuga restano dimenticati i segni dei giochi, restano fino a quando qualcuno non li guarderà con gli occhi di ieri, e vedrà un castello, una fortezza, una nave, un pirata, un gioco del tempo. La salsedine imprime un sapore di antico. È il sapore della spensieratezza, quando è bastato un attimo, e le bolle di sapone sono volate via, quando si è diventati grandi all'improvviso.


PAROLE PER FARLE TORNARE

Si aspettavano le tre ore, prima di fare il bagno. Il tempo era lento, lunghissimo, interminabile per chi voleva entrare in acqua, al mare da bambini la digestione era un passaporto per fare sul serio, un visto da firmare, un protocollo da seguire ereditato dai genitori, sussurrato di voce in voce, detto dai più grandi ai più piccoli, il segreto della spensieratezza, del bagno perfetto.

Ma poi quel tempo è passato, forse troppo presto, troppo in silenzio, troppo veloce, troppo breve, e in quel mare ci siamo lavati i pensieri, ci siamo lavati la pelle, i sogni, i giorni che erano, quello che eravamo, che siamo. Abbiamo lavato i giorni dei tuffi per i gironi dei grandi, e non lo sapevamo, che ogni mare dà la vita ma ci toglie anche un po' qualcosa, e questa vita è un qualcosa che cambia continuamente. 

E così abbiamo lavato le parole di ieri, le risate, le storie, le fate, le frasi che in acqua escono così bene, e che galleggiano nella incoscienza di una muta giovinezza, le frasi sporche di sale, dal sapore di salsedine, le frasi che restano al mare, e che nessuno è lì per ascoltare, per conservare. 

Ci siamo presi il posto in prima fila, all'ombra mutevole di un pomeriggio più lungo, al sapore del fato, del fiato, della sabbia legata ad altra sabbia, dei granelli piccoli e tutti da soli, slegati, imperfetti, imprecisi, dalle forme mutevoli, cangianti, preziose, informi, difformi, e dire che tutto ci sembrava immutato, e dire che tutto ci sembrava perfetto. Abbiamo sciolto i capelli dal sapore di sale, dalla salsedine di uno scoglio, nel volo di un gabbiano, di un granchio, di un guscio, ma le conchiglie non hanno la voce del mare, dopo un po' resta il senso dell'assenza, il dolore del mare. 

E così sono finite le stelle marine, le pietre, le dune di sabbia, le alghe, i pezzi di vetro, i pezzi di Omero, del tempo, di ieri, di oggi, di noi, di voi. Si sono sciolti i capelli, slegati dai tuoi, dal mare, dal tempo. Si sono perse le filastrocche inventate, le parole crociate, le parole di sabbia, le parole del vento, le parole del mare, e non lo sapevo allora, ma queste parole sono le mie, queste parole sono le tue, queste parole sono per farle tornare.

sabato 18 luglio 2020

Giorni giovani

Dove vanno a finire le parole non dette, l'amore sprecato, l'amore provato, l'amore mai dimenticato, l'amore che cresci, l'amore che sogni, che senti, che inventi, che crei, che sei. Dove vanno a finire le stanchezze degli uomini. Quelle stanchezze che sono delle grandi verità, che non avvengono sempre, e quando avvengono ti cambiano. Dove vanno a finire le parti di noi stessi che eravamo e che all'improvviso non sono più, le abbiamo lasciate andare via per caso, ci sono sfuggite in un vicolo di paese, all'ora indefinita di un pomeriggio qualunque, all'incrocio di una cabina telefonica che nessuno usa più, al sapore di un vento che a tratti è già troppo lontano. Se ne sono andati via i giochi, le giravolte e tutti giù per terra, le giravolte con lo sguardo all'insù, e poi i libri di scuola e quelli che erano i giorni di sempre. I giorni giovani, come possono esserlo i sogni giovani, che non sanno nulla di certe stanchezze, nè di quei sentimenti forti che subentrano dopo, quando guardi indietro, e sei già grande, già conosci il sapore dei tramonti, della nostalgia, di tutto quello che dura oltre quell'angolo, oltre l'attimo che ci riporta ancora una volta a noi stessi. 


giovedì 9 luglio 2020

DA QUI AL MARE

Cos'è questo tempo che ci stringe le dita tra le dita, che ci tiene legati ad un ricordo, ai capelli che non conoscono la distanza e che restano insieme intrecciati, attorno ad un sentimento, uno sguardo, una poesia? Sono pezzi di mare i grani di sale e di salsedine che riempiono il sapore di una promessa, e il mare incendia i tramonti e spegne i passi di ieri, mentre cerco sulla riva le mie orme lontane, cancellate dal tempo e dalla vita.
Cos'è questo tempo che ci spinge a guardarci dentro, a cercarci fuori, che ci porta lo sguardo a noi dovuto, lo sguardo mai sperato? Sguardi persi nelle mancate possibilità, lo sguardo che accompagna quella che sono, e che inventa le donne che avrei potuto essere, che avrei voluto essere, che restano nella timidezza di una giravolta, girata al cielo in un girotondo anni fa.

Cos'è questo mare che ci porta in avanti ed indietro, che ci culla in un'attesa che sa di pienezza, che ci sballotta al fluire del tempo, della tempesta e della vita, e che ci insegna il valore della profondità, dell'amore profondo che ti tiene a galla e salva la vita. Quanto sono profondi gli sguardi negli orizzonti, gli occhi negli occhi, le parole negli abbracci, i capelli che ancora si perdono in altri capelli, altre mani, altri sogni.
Cos'è questa vita fatta di occasioni perse e nuovi giorni, di nuovi passi e vecchi ritorni, cos'è che cuce i vestiti alle anime che non si perdono, agli occhi che non si dimenticano, sono forse le parole perdute nel mare, o sono le alghe, dita tra le dita, che mi lasciano questo profumo di sale?
Come abbiamo imparato a volare con il ricordo del nido? Con le ali spezzate, con il cuore a metà, con il tuo cuore nel mio, nel girotondo di mare, nel sapore di sale, con i tramonti profondi, nel blu profondo di blu? Cammino tra castelli di sabbia, una strada ancora una volta da qui al mare.

venerdì 3 luglio 2020

Non sei l'altra metà del mondo sei il cielo e il mondo. Non sei l'altra metà del canto, sei tutto il libro, le parole da leggere, da scrivere, le parole ancora da scoprire, da inventare, da raccontare. Non sei l'altra metà del sorriso, sei tutto il sorriso e anche il pianto. Non sei la pioggia, sei il temporale e poi il sole.

Se in mezzo alle strade, o nella confusione,
piovesse il tuo nome...

TORNEREMO

Torneremo a stringere tra le mani lucciole, e leggere le vedremo volar via, a mani vuote, nelle sere d'estate. Torneremo a cercare le conchiglie sulla spiaggia, le mappe dei pirati, i castelli di sabbia, le pietre che brillano bagnate dall'onda e che sembrano gli smeraldi dell'isola del tesoro. Torneremo a cercare i messaggi in bottiglia, le lettere d'amore, i passi dei gabbiani, il volo degli aquiloni e delle parole non dette, degli sguardi, dei sogni. Andremo a caccia di stelle marine e torneremo con le mani sporche di polvere. Andremo alla ricerca della perla e impareremo dall'ostrica il senso di un amore. Torneremo a bagnare i piedi nel languore di un tramonto, mentre l'estate allaga di luce i nostri giorni, e dentro una canzone se ne va.


venerdì 26 giugno 2020

PER FARTI RESTARE

Una volta mi hai detto: é bello, ti guardo.
Vederti camminare è come danzare. 
E allora io iniziai ad andare, un passo alla volta, 
sempre più veloce, sempre più adagio, nei passi di sabbia, con le tasche di mare, il profumo di sale, i capelli di sole, la voce del cuore, e tutto questo l'ho fatto per non cancellare le orme di ieri, e tutto questo l'ho fatto per farti restare. 

Una volta mi hai detto: è dolce, racconta. 
Ed io ho inventato le parole delle filastrocche e delle canzoni, dei fiori in poesie, e delle tenzoni. Ho scritto i canti alla luna e alle stelle, le ninnananne delle principesse delle fiabe e delle sorelle. Ho raccontato di re e regine e sogni per sempre, e tutto questo l'ho fatto per tenerti dentro per sempre. 

Una volta mi hai detto: è gentile, il sorriso. 
È lo sguardo gentile, è bello il viso quando fa rima con il sorriso. Ed io ho sorriso, ho sorriso alla vita e ho pianto alla notte, ho sorriso alla sorte e ho incantato la morte, ho messo da parte il passato, i pezzi perduti, i passi gelati, i giorni non vissuti, i giorni sprecati. Ho sorriso allo specchio e alle mie debolezze, ho sorriso a me stessa e alle mie tenerezze, a quella che ero, e che sognava la vita, ho sorriso più forte, come un abbraccio, una estate infinita. Ho sorriso per te, per i tuoi sguardi, i sorrisi negli occhi, e tutto questo l'ho fatto per sorridere più forte. 

Una volta mi hai detto: mi piace, ti leggo. 
Ed io scrivo, scrivo a te e un po' a me, alla vita e alla sorte, scrivo le mani come farfalle, scrivono un volo, un volo del cuore, nel volo del tempo, del giorno, del sole, e lo faccio per non farti svanire, per continuare a parlarti d'amore. 

Una volta mi hai detto: è la vita, non è una storia. Ed io ti ho dedicato un libro, un libro per leggerci dentro, un libro per i versi a matita, per le dediche in bianco, per la vita che eri, per quella che sei. Un libro per la vita di ieri e di oggi, per la poesia di una storia qualunque, di una storia per sempre, e questo l'ho fatto al tramonto di un giorno qualsiasi, di un mare per sempre, per dirti che ogni vita è una storia,
ogni storia è una vita, ogni storia è una storia d'amore. 

giovedì 18 giugno 2020

Anni '90

È una strana malinconia, nel ricordo di anni giovani che sono passati troppo presto, nei desideri e sogni di una generazione, nelle scritte con i pennarelli, nelle frasi sui diari, nelle immagini sfuocate alla tv, i quadernoni da riempire, i pezzi di cielo tra i tetti per strada, quegli anni unici che erano i nostri, e che nessuna canzone che ci ha visti crescere potrà riportare. Perchè nessuno mi ha avvisato, perchè sembrava tutto per sempre, perchè le musicasette ancora nuove sono rimaste inutilizzate ancora con la carta di protezione, chiuse con i loro pezzi mancati chissà dove, che fine hanno fatto i mangianastri dismessi, ancora con i tasti da premere e da stoppare, i primi walkman, con le cuffie morbide e colorate, gli album di figurine, i pacchetti da scambiare. Che fine hanno fatto le persone che urlavano in quei concerti, e non avevano i cellulari e muovevano in aria gli accendini, sono cresciute, sono invecchiate, e quale cielo accarezzavano quelle piccole fiamme accese di entusiasmi e gioventù. Le ricordiamo ad una ad una, ricordiamo ognuna di queste canzoni, i giochi da bambini, gli sprazzi di infanzia, i motivi accennati, i ritornelli inventati, cantati, sussurrati, urlati, e ora troppo lontani per ritornare.

mercoledì 10 giugno 2020

POST LOCKDOWN

Il mondo, ogni giorno una scoperta

1. Una volta avevi un armadio, e dei vestiti. 
Gli armadi contengono la misura della vita reale, sono le armi per affrontare la realtà. Che bello scoprire che adesso quelle armi ti vanno strette. 

2. Sei uscita vestita d'inverno, ora torni a brillare con il sole d'estate. Il salto spazio-tempo è come un salto generazionale. Dracula era molto più abbronzato di te. 

3. La mascherina enfatizza lo sguardo. La mascherina non ti fa respirare. Pizzica. Che bello camminare come nel film la notte degli zombie con gli occhi in fuori e senza fiato.

4. La verità è che la casa ci ha protetto, la casa è diventata il luogo della convivialità, della giovialitá, dei simposi culturali, della tavola. Datemi questo virus che lo uccido. 

5. La signora che ha paura. La signora che pulisce i prodotti nel prenderli dagli scaffali. La signora frettolosa. La signora che non respira, trattiene il fiato. La coraggiosa. L'indomita. Senza guanti. La signora che tossisce e rischia l'isolamento. La signora vamp con la mascherina di Gucci. La mastrolindo family con disinfettante a portata di mano. La paranoica. L'asociale entusiasta. E poi ci sono io che ho sonno. 

6.Siamo italiani, siamo per la socialità. Che vuol dire un metro di distanza e neanche una stretta di mano? 
Si vedono i sorrisi con la mascherina? Si sente il calore di uno sguardo, di un abbraccio?

7. Fuori ti rendi conto di quanto tutto sia cambiato. Non puoi certo leggere quello che le persone si portano dentro, ma la ferita è ancora aperta, anche se c'è voglia di rinascita, di normalità, di nuovi inizi. Non so se è una sensazione mia, o se il periodo storico che stiamo vivendo e abbiamo vissuto ci ha cambiato profondamente. Di certo ci fará riflettere su nuovi modi di interazione e di socialità, sul valore della vita, e sul perchè non abbiamo in casa un parrucchiere o un personal trainer.

sabato 6 giugno 2020

FINE SCUOLA

Ultima campanella, è venuta a mancare la scena della fine, il dietro le quinte che ricompensa il calo del sipario, il senso della libertá di fronte all'estate che solo quando sei giovane puoi capire. Il suono della campanella si unisce ai respiri più leggeri dei ragazzi, alle risate, alla gioia, alla spensieratezza. L'ultima pagina del registro ha sempre qualcosa di malinconico da raccontare, da firmare, mentre dietro ci sono altre pagine che dimostrano che siamo  tutti cresciuti un po' di più, e che un altro anno è passato.

Non sai il valore di un anno, quando sei giovane. Un anno che non comprendi, quando sei alunno. Che centellini, che ti stupisci a ripercorrere in diari, registri, appunti, sguardi, quando sei proff. Ti manca l'ultima pagina del registro, quella su cui il prof più giudizioso scrive "compiti per le vacanze", quella su cui non si indugia su mari e canotte leggere, e che pure registra la penna che scrive "saluti, saluti per le vacanze". Saluti.

Un anno insieme e tutto è finito. Cessano gli elenchi, non hanno più senso gli appelli, nè gli zaini pieni di libri e di quaderni. Ti mancano quegli attimi di normalità, perchè poi impari a memoria il nome di ognuno di loro, ti resta in gola un polmone quando sbagliano i verbi ed è tutto da ricominciare, ma impari a volere bene a questi ragazzi, a cercare in loro qualcosa di più. Ti mancano i colleghi con cui condividi quello che è vostro. Ti mancano i colleghi che diventano amici, i giorni scanditi dagli argomenti da spiegare, i voti da mettere. Ti mancano anche i bidelli, con le loro circolari da firmare, le loro fotocopie, la loro presenza nei corridoi.

Ti manca il suono che compensa la fine della scena, la caduta del sipario, la fotocamera sulle pareti di casa, le pareti di casa che non sanno contenere quello che è passeggero. Lo impari da adulto. Per un ragazzo la fine della scuola è l'inizio delle vacanze, l'estate, la festa. 

venerdì 5 giugno 2020

DENTRO

L'ultima frontiera della pantofolaia è lo smart working. A lockdown finito ci rendiamo conto che gli spazi di casa sono ormai più di spazi abitativi, sono diventati un mondo, un intero universo. Non è il cielo in una stanza ma è una galassia sul soffitto, è un modo di vivere quello del distanziamento, non è isolamento ma è riappropriarsi dei propri spazi, del proprio io, e per chi è abituato ad ascoltarsi dentro la casa altro non è che la chiave interpretativa del proprio stare bene con se stessi. Fuori, la folla, la calca, il traffico, i rumori, le chiacchiere, la strada. Dentro, pagine bianche, pagine piene, pagine da scrivere, pagine per leggersi dentro. 
Dentro. Le finestre ingigantiscono quello che è piccolo. La realtà è un fazzoletto di strada, dietro il vetro si specchiano universi, ogni persona ha in sè un mondo intero, e spesso non pensiamo mai a quanto valore può esserci dietro il silenzio, dietro quello che appare, o che sembra. L'artificiosità ci spinge ad uniformarci a parametri richiesti dai posti pubblici, ma l'autenticità ci chiede di essere vicini ai posti del cuore, e mi riscopro più vera nel riflesso di un pensiero, nel raggio di sole che spegne i giorni, e li riaccende. E chi lo guarda il cielo, quando si va di fretta. E chi pensa alla serenità delle piccole cose, di un posto protetto, di un posto nel cuore. È così, lo stilnovismo e la disney ci hanno fregato. Ma ci hanno insegnato il valore della poesia, della magia, nei posti del cuore. 


lunedì 25 maggio 2020

ANNI

Che fine hanno fatto quelle canzoni
che sono rimaste nei walkman 
chiuse negli zaini e nei sogni 
di tanti anni fa. Quelle canzoni 
avevano accompagnato gli anni 
della nostra vita, erano come 
una grande colonna sonora generale, 
di un mondo che non aveva 
internet o spotify e registrava 
le musicassette, ed era bello, 
perchè scrivevamo con le penne
colorate, i colori di una generazione
che stava per conoscere internet, 
ma che mai avrebbe dimenticato
quegli anni luminosi di promesse 
e tante sonorità. Gli anni 
che come diceva una canzone 
di allora "gli anni di qualsiasi 
cosa fai", gli anni che erano 
pieni di tutte quelle cose
che abbiamo imparato
a sognare, ma che poi 
non abbiamo avuto
come volevamo. 

mercoledì 20 maggio 2020

PERDERSI

Perdersi tra la folla, passi su passi, passi che si sfiorano, che si perdono, altre strade, nuove destinazioni, si sommano, si confondono, si annullano.
Cercare una fermata sulla mappa della metro. Scendere quando si aprono le porte. Le valigie hanno i loro posti lungo gli scompartementi dei treni. Per me un posto finestrino. Sono i giorni giovani, i Modá cantano "Anche stasera" e "Nuvole di rock" e io cerco Cassina de' Pecchi lungo i colori delle fermate della metropolitana. I treni vanno troppo veloci per chi non può stare fermo. A me no, a me basta ascoltare. Anche a Milano, io ho dentro il mare. 

martedì 19 maggio 2020

LA DAD AL TEMPO DEL COVID19

Io ti sento tu mi senti? mi senti? Sì ti sento. Tu mi senti? Lei mi vede prof, mi vede? Sì ti vedo tu mi vedi? La connessione c'è, siamo connessi, siamo iperconnessi, così lontano e non siamo mai stati tanto vicini. "Il link funziona prof?" Entro, non entro, non mi fa entrare, la stiamo perdendo, la connessione!! C'è il polso, non c'è segnale,  c'è la ripresa, resiste, eccola, fa una smorfia, fa una giravolta, ha abbandonato...la riunione. 

La didattica a distanza ci ha trasformato. A noi proff ci ha resi degli zoombie, ormai vediamo un link di meet anche nello schermo del microonde. Occhi che bruciano, mal di testa, antenne di ricezione e trasmissione da fare invidia a mediaset e al migliore entomologo, non è solo una questione didattica, ormai per noi proff la dad è una questione di vita o di morte, tra cellulari, mail e videoconferenze siamo diventati automi da 5G (e con G intendo 50 ore al giorno). 

E poi ci sono loro, i ragazzi. Mancano e tanto. Manca il rapporto umano, lo scambio di sguardi, manca la quotidianità condivisa, mancano le loro voci, il suono della campanella, il gesso della lavagna. Adesso ci vediamo tutti attraverso uno schermo. E loro non si smentiscono, sono unici, a modo loro. Così le metamorfosi di Kafka sono il racconto di un uomo scarafaggio che vuole sapere perchè e chiede consiglio alla sorella, gli eupatridi non sono figli di nobile stirpe ma sono i figli di buona donna, e tu da brava conduttrice ti trasformi da Alberto Angela divulgatore in Gerry Scotti che chiede l'aiuto da casa. 

E da novella conduttrice, ti ritrovi pure a dover negare le tue origini per improvvisarti tecnico informatico. "Prof il file non si apre, prof il file non si legge, prof ho finito i giga, prof classroom non mi riconosce" e così via. Cosí, dopo la danza delle probabilità e i calcoli del possibile e dell'improbabile e del "così è se vi pare", per tutti alla fine vale il vecchio metodo infallibile (degno di un anti-ingegneristico approccio su base euristica) ovvero il metodo sempre eterno dello "spegni e riaccendi". 

Lo "spegni e riaccendi" non mente mai. 
Tra flauti di fratellini e tabelline di sorelline, tra pigiamini e impreviste apparizioni, la dad ci mantiene vicini, legati al filo invisibile di una connessione che siamo noi. In attesa di tornare presto a scuola, di ricominciare, di tornare ad essere insieme, questa volta per davvero.



venerdì 8 maggio 2020

SUPERLUNA DEI FIORI

Il rumore della pioggia, il profumo della notte. I passi sotto un lampione, il silenzio che chiude le porte, la tenerezza, il rimpianto, la malinconia. Quante storie ci portiamo dentro, verità possibili, non vissute, soltanto immaginate quando ad un tratto arriva il risveglio. Ci sorride uno specchio che non ci riconosce. Quanti passi sul dorso del mondo, sul declivio di una collina che non ha compreso lo sbocciare di un fiore. E quei tramonti salutavano i nostri giorni, mentre scrivevamo frasi d'amore, e non lo sapevamo ma eravamo felici. 

giovedì 7 maggio 2020

FUORI

Ci siamo addormentati che era la fine d'inverno, ci svegliamo con il sole e le rose di maggio. ll letargo non ci ha intimorito, ci ha chiusi in casa, ci ha cullato in una lunga bolla sospesa, da animali politici ci ha addomesticato, abbiamo inventato nuovi spazi, nuovi ritmi, abbiamo dato nuovi nomi, abbiamo trovato nuovi orizzonti di vita. Il cielo in una stanza non è mai stato tanto azzurro, abbiamo lasciato parole nuove sui fogli di carta, gli aereoplanini volano con le nostre rime sospese, da un cielo all'altro di questo piccolo mondo, e lì dove lontano è lo spazio di un abbraccio, abbiamo dato ad un sentimento il sapore di un sogno. 

Lontano, troppo lontano. Abbiamo chiuso la porta ai passi per strada, ci siamo fermati per essere eroi, ci siamo scritti messaggi, abbiamo pianto, ci siamo specchiati in un monitor, abbiamo compreso il senso di un giorno, quello che era e che non c'è più, il distanziamento che ci lascia più soli, il distanziamento che ci fa sentire più vicini che mai. 

Ci siamo addormentati sul finire di un mondo, ci svegliamo con una luce nuova, diversa, ma non so se siamo cambiati noi, o la luce. Non so se la piega del calendario è il segno di una nuova espressione del volto, se è una partecipazione del tempo, il segno indelebile di giorni sprecati, lo schiaffo alle leggi degli uomini, il mondo che va, maggio che arriva, la vita che continua. 

Cosa vedremo alla fine di tutto questo. Cosa avremo imparato, cosa ci farà stare bene, cosa ci darà una risposta, cosa ci farà sorridere. Fuori.Ci sarà una nuova luce, alla fine. E se mi guarderò indietro, sorriderò.

lunedì 4 maggio 2020

FASE 2

Siamo nella fase 2, almeno da quando il mondo ha preso a darsi nomi di questo tipo, lockdown, fase 1, fase 2, quarantena, fase incognita, fase previsione, una segmentazione di giorni strappati ai giorni, scanditi da decreti, bollettini della protezione civile, dati e stime ufficiali, numeri, previsioni, vite che si spezzano, vite che si interrompono, che finiscono, riprendono, ricominciano. 
Siamo nella fase in cui qualcosa può ricominciare. C'è chi timidamente esce di casa, chi impazzisce di sole, chi torna a lavorare, chi esce e va, ma sa che qualcosa dentro ognuno di noi è cambiato per sempre. 

Ricominciano i rumori del traffico. Un paese sonnolento è come una bolla di tepore ed intimità, è un qualcosa di dimesso, di indiscreto, che si sente dentro, che non ama la visibilità, un paese ha un suo ritmo proprio, ha un suo respiro, che a tratti coincide con quello del mondo, a tratti va per conto suo. 

Mi chiedo cosa sia adesso la cittá. La città con la sua eleganza e la sua terribilità, con il suo troppo grande e troppo immenso, con i suoi piccoli passi e i grandi viali, con i respiri del mondo che si incrociano a quelli del tempo, e restano lì sul viale dei ricordi, per qualcuno, sul viale della storia. Chissà come riprende a vivere la città. Avrá una sua grazia, una sua energia, una sua ansia di vita. 

La fase 2 si lascia dietro giorni indelebili e cambiamenti. Qualcuno é invecchiato davvero, qualcuno ha imparato il senso delle cose, qualcuno non aspetta altro che tornare a vivere. Ricominciare. 

Si ricomincia ogni giorno, ma ci sono giorni che lasciano un segno diverso, e sono quei giorni lì che scandiscono le vere fasi che saranno i punti di snodo di una vita. Arrivano all'improvviso, e lentamente si portano via qualcosa, pezzo a pezzo ti dicono altre verità. Ci sono fasi che si imprimono nella pelle e nel cuore. Restano dentro, per chi ha amore per non lasciarle andare, mentre semplicemente, ci lasciano.


mercoledì 29 aprile 2020

RESILIENZA

Abbiamo visto così tanti film di futuri distopici e catastrafici ad alta tensione che adesso che il film ha preso il posto della realtà non sappiamo più cosa dire. I castelli di sabbia ad un certo punto si sbriciolano tra le mani, sono come i castelli di carta, un soffio di vento e via, cadono giù, e nessuno ci riflette mai su cosa sia davvero quel vento, perchè arriva, perchè ti cambia, perchè porta via giù tutto. 

C'è chi prova a dare un nome ad ogni singolo evento, chi ha la propria ancora di salvezza nel razionalizzare, chi abbraccia il cuscino e piange, chi guarda il mare e sa che a volte non ci sono parole, io penso al mare ma so che non sarà mai più profondo del mio amore. Ci sono tante verità in questi specchi di casa. Ancor più profonde quelle che ci portiamo dentro.

Ancor più immense le frasi che dicono gli occhi. Più grandi del mare, le frasi non dette, le parole mai vissute, quelle dimenticate, quelle scritte sulla pelle, siamo fatti di baci, e come tatuaggi, di sogni. Ma c'è una parola che oggi va più di tutte, ed è la più quotata dei social, la più alla moda degli psicologi: resilienza. 

La capacità di resistere e non spezzarsi, adattarsi, spezzarsi e ricomporsi, curarsi le ferite come i giapponesi con i loro vasi, perchè le cose spezzate e rotte acquistano di valore, una volta aggiustate. Sono lì, con le loro venature di dolore riparate in superficie, a mostrare il danno e la rinascita, a dire che la frattura ti rende più forte, ti dà un nuovo valore. Non è come camminare da vaso di coccio tra vasi di ferro, come direbbe Don Abbondio. 

No. È la filosofia della resilienza. Come dire, dal mio dolore può nascere un fiore, la sofferenza non serve se non ti migliora, se non ti fa crescere l'hai solo sprecata, dal dolore può nascere l'amore. E così, sono giorni di resilienza questa. Mi riparo nel sapore di un incanto, mi distruggo nella solitudine di un anziano, nel pianto di un bambino, nei bar chiusi, nei problemi della gente, di chi non ha lavoro, di chi è costretto a chiudere, di chi non c'è più. Ho il cuore in pezzi per tutto quello che finisce, per tutto quello che è lontano, che non è più, che non so spiegare. Mettere a posto i pezzi richiede tempo, il mare è oggi troppo lontano e irraggiungibile. È una cosa della vita normale, degli uomini, quella di raccogliere i pezzi delle proprie esperienze, che non fa il cuore ad esempio. Il cuore anche se si spezza, è il più resiliente di tutti. Il cuore anche se si spezza, conserva tutto. 

sabato 25 aprile 2020

QUARANTANA

Eppure mi mancherà tutto questo. Mi mancherà questo senso di protezione, il senso di una casa, di uno spazio sicuro, il mondo tra le mani, il cielo in una stanza. Uscire dalla tana. Cosa ci sarà lì fuori, come mi sentirò, cosa non sarà più come prima, come saranno gli altri, ci guarderemo come sempre, o le distanze saranno un segnale di vita cambiata, ci guarderemo negli occhi con paura, sospetto, diffidenza, con il senso di una perdita, con il desiderio di esserci, con l'emozione di ritrovarci, con la preghiera silenziosa di non perderci.

Cosa troveremo là fuori? Ci ferirà il segno di quel che è stato, ci commuoverà la dimensione umana della ripresa, di questa vita che continua e deve continuare, ognuno con il proprio dolore, con la propria storia, con la propria verità? Alcuni vuoti si sa, non si colmano, non si riempiono, e lì dove ci sono piazze in rinascita, ci sono posti che nel cuore di qualcuno resteranno vuoti per sempre. 

Uscire dalla tana. L'abbiamo amata, odiata, sentita stretta, cucita addosso. Abbiamo imparato a respirare allo stesso ritmo suo, abbiamo imparato a conoscere i suoi rumori, i suoi odori, a dare il senso ad ogni respiro, ad ogni veduta e parti di mondo dalla finestra. 

E così la quarantena è più una quarantana. Un mondo di libri, schermi di pc, e poi videospecchi, di telefonate, pagine da scrivere, film in tv. È un mondo in cui comprendi il senso del vero benessere, della salute, dell'armonia, della vita piena di tutto quello che conta davvero. La quarantena è il mondo in una stanza. 

È capire che i giorni che passano si portano via molte cose, ma lasciano come l'impronta di un senso più grande, un sogno, un sapore, mai compreso veramente, ti guardi allo specchio e sono passati venti anni, ti guardi allo specchio e sei vecchio.


giovedì 23 aprile 2020

CHE SIA

Che sia l'amore a riempire il vuoto di questi giorni. Che sia l'amore a colmare le fratture, a mettere a posto le ferite, a riempire di senso questo tempo sospeso, sulla scia di una nuova consapevolezza e verità. Ogni giorno mi risveglio diversa. Ogni giorno mi risveglio in un mondo diverso, un mondo che cambia, come cambiano le vite degli uomini, come cambiano le storie dell'anima, le mille realtà quotidiane che ti lasciano una ruga o una piaga sul cuore. 

Che sia l'amore a cullare i ricordi. Che si possano stringere tra le braccia come fossero sogni, tesori preziosi, al canto di una ninnananna e di una filastrocca, di tutto è la tenerezza che ci resta dentro e non ci abbandona mai. 
Quanto dolore conserviamo dentro di noi? Di quanto ci ha cambiato, quanto di tutto questo possiamo spiegare? Se ci sia una risposta non lo so, cos'è che decide i percorsi e le vite, ma da ogni dolore può nascere un fiore, ed è lì che allora siamo veramente umani.  

Che sia l'amore a dirci che tutto è servito davvero e mai nulla è stato sprecato. Che colmi i rimpianti e i drammi, i vuoti di questi giorni, anche se so che certi vuoti non si colmano mai. E allora che sia l'amore in queste lacrime a riempire le parole superflue, a pronunciare quelle nascoste, a sanare le solitudini che ci portiamo dentro, le superficialità che non danno poi molto. 

Che sia l'amore a riempire questo canto, lì dove il cordoglio è un pianto dignitoso, lì dove c'è forza per ricominciare, e mai finire davvero. Lì dove ci sono storie di dolore, ci sono storie di umanità e verità, e dove c'è questo, l'amore basta a coprire tutto. 

Che sia l'amore a far muovere le giostre, a giocare con il vento, ad accendere le cime dei monti, le onde del mare, i passi degli uomini, le foglie degli alberi.
Che sia l'amore a dirci che di tutto quello che passa, qualcosa rimane, lì dove passano le vite degli uomini, 
qualcosa dura per sempre.


martedì 21 aprile 2020

LUCE

In principio ci fu il Decamerone, poi ci si perfezionò, l'allegra brigata divenne una videolezione su meet, e la videochiamata fu la videonovella di ogni giornata, roba da classici e sognatori il videoracconto di videopensieri e videomalumori. Per la verità, ci fu una tappa intermedia con il Manzoni, quel di Tucidide ci sembrava troppo distante, e cosí in nome del nuovo abbiamo preferito videocercarci e videpensarci,  lasciare il disuso nei polverosi scatoloni dei nostri progetti, della modernità. 

Scatoloni su cui fare fitness, step perchè no, su cui sfoggiare tute e ritmi alla moda, scatoloni da videodivani, da videotapiri, da videoabbonamenti, scatoloni dei ricordi e della nostalgia, degli angoli messi a tacere o solo da parte, perchè anche a togliere le cose vecchie, dimesse, passate, c'è un bel po' di malinconia. 

Abbiamo chiuso a chiave porte e finestre. Abbiamo riempito pagine e svuotato cassetti, abbiamo frugato e ci siamo fermati, per capire che non c'è un posto che ci consenta di bloccare lo scorrere del tempo e i momenti. Le foto, no. Mi piacciono le foto ma conservano l'immagine di allora mentre ti parlano di"ora", e a volte sono spietate, ti buttano in faccia la verità, e per qualcuno viste in negativo sono una perdita. 

In questi giorni c'è chi passa il tempo a fare torte e a prendersi cura della casa, per me fare una torta significa disegnarla, o al massimo descriverla, inventarla. Ho capito che c'è molto di più in me dell'astrofisica per il caos spaziale che non della donna amante delle faccende domestiche, anzi per me la casa è come la casa di carta, è un mondo da leggere, da scrivere, da scriversi dentro, da lasciarsi nell'anima, tantomeno da seguire in tv. 

E così, aspetto la fine di tutto questo. Non so come sarà, come sarò, come proseguirà. Aspetto alla finestra, nello schermo di un computer, nella musica degli auricolari, nella poesia mancante sempre di un verso. Aspetto nelle storie del mondo, nelle stelle del cielo, che ci sono anche di giorno, anche se non si vedono. 

Torneranno gli aloni dei lampioni, i riflessi di sole, gli abbracci di fronte ai semafori, i passi lenti, le tasche piene di sabbia e di mare. Torneranno gli occhi negli occhi, i versi dei poeti, gli sguardi degli anziani. Le scuole, i treni, i posti a sedere della metro. Dietro una finestra, da cui, intanto, entra la luce.